«Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto».
Con questo incipit si apre il romanzo di Alba De Céspedes, “Quaderno proibito”, pubblicato nel 1952 per Mondadori, (uscito a fascicoli tra il ‘50 e il ‘51), che lo ripubblica nel 2022 nella collana Oscar Cult in una nuova e accattivante veste grafica. E proprio il titolo di questo libro mi ha incuriosita al punto da volerlo leggere e inserirlo come primo titolo di quest’anno per il gruppo di lettura Geniali Sortilegi.
Come mi sono avvicinata a De Céspedes
È stata la scrittrice Nadia Terranova a convincermi a iniziare a conoscere Alba De Céspedes partendo proprio da questo romanzo: ho incontrato l’autrice messinese un paio di mesi fa, a Torino, quando ha tenuto un approfondimento proprio su De Céspedes. Terranova, in quella occasione, mi ha consigliato di iniziare a leggere l’autrice italocubana partendo proprio da questo testo e nel momento in cui ho stilato la lista di libri per il gruppo di lettura non ho avuto dubbi: “Quaderno proibito” sarebbe stato il primo testo del 2023.
Trama (No spoiler)
Il romanzo è ambientato nel 1950 in una Roma dal paesaggio urbano evocativo e la protagonista è Valeria Cossati, una donna di quarantatré anni lavoratrice e madre di due figli ormai grandi. Valeria è anche moglie di Michele, con il quale da tempo ha perso qualsiasi complicità di tipo fisico al punto che il marito si rivolge a lei chiamandola “mammà”. Questo appellativo può sembrare un fatto di poco conto e invece risulta indicativo del modo in cui si relaziona questa coppia:
«Mi viene fatto di domandarmi se io non abbia incominciato a cambiare carattere dal giorno in cui mio marito, scherzosamente, ha iniziato a chiamarmi “mammà”. Mi piacque tanto, sul principio, perché così mi pareva di essere io sola la persona adulta, in casa. […] però adesso capisco che è stato un errore: lui era la sola persona per la quale io fossi Valeria. I miei genitori sin dall’infanzia mi chiamano Bebe, […] per alcune amiche sono ancora Pisani, la compagna di scuola, per altre sono la moglie di Michele, la madre di Riccardo e Mirella. Per lui, invece, fin da quando ci siamo conosciuti, ero stata soltanto Valeria».
Di che testo si tratta?
Il romanzo ha una focalizzazione interna fissa e il punto di vista è quello di Valeria che scrive in prima persona e si confessa al quaderno che ha acquistato una domenica in cui viene colta da un fremito di evasione. Negli anni ‘50, la domenica non si potevano vendere quaderni e proprio per questo motivo l’acquisto di tale oggetto risulta a Valeria immediatamente proibito… ma nel momento in cui la donna percorre la strada per ritornare alla propria abitazione si pone un grande dilemma: dove nasconderà il quaderno, una volta a casa?
Dopo l’acquisto del quaderno…
Nei pochi minuti che susseguono l’acquisto del quaderno, Valeria si rende immediatamente conto che a casa sua non ha più uno spazio fisico tutto per sé dove poter nasconderlo: Mirella e Riccardo, i suoi figli ventenni, ficcano il naso dappertutto e, a poco a poco, con le loro esistenze si sono impossessati di tutta la casa e Valeria non può permettere che qualcuno trovi il suo quaderno. Per questo motivo, la scrittura del diario diviene un atto di trasgressione in sé e per sé.
Quando Valeria inizia a scrivere deve nascondersi, farlo a notte fonda o attendere che marito e figli siano usciti da casa e spesso non è facile che questo accada, inoltre deve sincerarsi di modificare costantemente il nascondiglio del quaderno per timore che Michele o i ragazzi possano trovarlo per puro caso, rovistando tra gli sportelli della casa.
La percezione del lavoro femminile negli anni ’50
Da quando i ragazzi hanno iniziato il ginnasio, per far fronte alle spese della famiglia, Valeria trova un impiego in un ufficio e la cosa viene mal considerata da molte sue ex compagne di scuola che percepiscono come disdicevole che una donna provveda economicamente a sé stessa: questo sottintende che il marito non riesca, solo con il suo impiego, a provvedere a tutta la famiglia.
In parte, questa mentalità degli anni ‘50 è ancora molto diffusa in tante periferie del sud Italia. C’è ancora oggi la percezione che il lavoro delle donne sia un capriccio, un passatempo da compiere fino a quando la suddetta non troverà marito. In tal caso, a matrimonio compiuto, può decidere se continuare a lavorare per hobby o dedicarsi alle faccende di casa.
Retaggio patriarcale
Questo è indubbiamente un retaggio patriarcale in cui la gestione dei soldi viene affidata alla moglie ma a guadagnare il denaro è il marito. In questo modo le donne hanno solo la percezione di detenere il potere perché gestiscono il bilancio familiare ma non sono loro a procurarsi il denaro senza il quale non potrebbero sussistere. In questa visione, il matrimonio diventa una relazione di potere in cui il controllo è esercitato da chi guadagna il denaro. Le compagne di scuola di Valeria sono totalmente dipendenti dai mariti che lavorano e le mantengono mentre Valeria, lavorando ed essendo indipendente dal marito, può permettersi qualche piccola libertà; si arriva quindi al paradosso che l’indipendenza economica della donna viene considerata uno stigma sociale.
Il lavoro domestico
Oltre al tema del lavoro femminile, in questo testo viene affrontato anche l’aspetto che riguarda il lavoro domestico che grava ancora oggi sulla quasi totalità delle donne lavoratrici, per questo motivo le parole di De Céspedes sono così attuali:
«Temo che, ammettendo di aver goduto sia pure un breve riposo, uno svago, perderei la fama che possiedo di dedicare ogni attimo del mio tempo alla famiglia […] assicuro, insomma, che non riposerò: poiché se lo facessi, quel breve giorno assumerebbe, agli occhi di chi mi circonda, l’aspetto di un mese intero di riposo».
Valeria si sacrifica per la famiglia ma presto si rende conto che gli sforzi che lei compie con fatica vengono considerati dai suoi cari come scontati, ovvi e inizia a pensare di poter cambiare il modo di relazionarsi con il mondo. La fatica della protagonista è uno degli elementi centrali del romanzo: il carico mentale che subisce in famiglia è gravoso soprattutto perché deve dividersi tra lavoro e casa e quest’ultima assume le sembianze di una prigione in cui Valeria è la sola a reggere tutto e ne sente il peso divenuto ormai quasi insostenibile.
La genitorialità
“Quaderno proibito” è un romanzo interessante anche perché affronta senza timore il tema della genitorialità. I figli, che nella narrazione classica della maternità sono percepiti come un dono del Cielo, qui vengono considerati in una maniera che sembra sincera, autentica: Valeria si apre al quaderno e parla di quanto la figlia Mirella, ormai ventenne, si annoi a trascorrere il tempo in compagnia dei genitori. Valeria allora confessa un segreto che ogni madre probabilmente pensa ma che non può svelare per timore che venga considerata una cattiva madre:
«Mirella si annoia a restare in casa con noi. Lo dice sempre con durezza senza pensare che forse anch’io mi annoio a restare in casa con loro, nei giorni festivi o di sera, ma al contrario di lei non ho neppure il diritto di dirlo. Perché se i figli possono confessare francamente di annoiarsi con i genitori, una madre non può mai confessare di annoiarsi con i figli senza sembrare snaturata».
Mirella, la figlia
Il personaggio di Mirella, la figlia di Valeria, è degno di nota perché rappresenta una generazione diversa, più libera rispetto a quella di Valeria e i dialoghi tra madre e figlia sono di rara bellezza per l’acume di botta e risposta. La madre è ancorata a un mondo antico, che si sta sgretolando, mentre Mirella vuole a tutti i costi scappare dagli schemi e dalle etichette del passato. Rispetto al fratello Riccardo, Mirella è indipendente, sicura di sé e bravissima nel suo mestiere. Una rappresentazione di donna in gamba che è in grado di cavarsela da sola, a differenza del fratello Riccardo che resta immaturo e per nulla in grado di badare a sé stesso, gravando sulla madre anche da adulto.
La scrittura del quaderno proibito diventa evasione
Valeria, allora, da quando inizia a scrivere questo diario, non riesce più a riconoscersi perché la scrittura le fa sognare l’evasione: immagina sé stessa fuori dalle mura domestiche, al di là dell’etichetta di madre e moglie integerrima che le hanno imposto e si è imposta da sola. Immagina di uscire e ridere, divertirsi con gente nuova che non ha mai incontrato e questo la fa sentire a disagio perché teme di aver sbagliato tutto nella vita. Questo quaderno la preoccupa perché durante la scrittura vengono alla luce dei sentimenti che lei stessa non sapeva di avere e adesso riesce a dare un nome e una forma alle sue insoddisfazioni:
«Sempre più mi convinco che l’inquietudine si è impossessata di me dal giorno in cui ho comperato questo quaderno: in esso sembra nascosto uno spirito maligno, il diavolo. Tento perciò di trascurarlo, lasciarlo nella valigia o nell’armadio ma non basta. E anzi, quanto più sono legata ai miei doveri, quanto più il mio tempo è limitato, tanto più il desiderio di scrivere diviene mordente».
Il vanto personale di Valeria, negli ultimi tempi, si è ridotto a mostrare a Michele i cassetti rassettati, fargli vedere come la casa è tenuta bene in ordine e pulita. Il quaderno la riscuote e risveglia dal torpore in cui è caduta negli ultimi anni: trova il tempo per riflettere sui suoi sentimenti e osservarsi.
Il matrimonio e Clara
La protagonista inizia a percepire anche la problematicità della relazione con Michele: non esiste più attrazione sessuale, il marito non si cura di lei ma attende con ansia le telefonate di Clara, una vecchia compagna di scuola di Valeria che ha divorziato e adesso lavora nel cinema. Clara è un personaggio secondario che dapprima viene compatito perché si tratta di una donna divorziata, (e di conseguenza considerata un fallimento nella misura in cui il culmine della realizzazione delle donne è considerato il matrimonio), ma poi Michele si ricrede e la rivaluta, addirittura ne subisce il fascino. Clara ha la stessa età di Valeria ma, a detta di Michele, risulta più giovane e felice della moglie. La contrapposizione tra Valeria e Clara è voluta dall’autrice del romanzo perché a parità di età le due donne hanno dei vissuti totalmente differenti che hanno portato l’una a essere felice, l’altra a sentirsi frustrata.
Il direttore Guido
La narrazione in prima persona da parte di Valeria non ci fa comprendere volutamente se tra Michele e Clara ci sia stata una relazione ma poco importa perché a far battere il cuore di Valeria è un altro uomo: il suo direttore in ufficio, Guido. In principio, integerrima com’è sempre stata, Valeria non si rende conto che l’uomo possa anche minimamente essere interessato a lei, ma dopo una chiacchierata con la madre, Valeria si rende conto che forse tutte quelle attenzioni da parte del direttore sono sinonimo di un altro tipo di interesse.
Come andrà a finire?
Valeria riuscirà a scappare da questa gabbia familiare? A emanciparsi dalla famiglia e dalle responsabilità che la opprimono? Questo lo lascio scoprire a voi. Dal canto mio ho trovato il finale del libro coerente con tutta la narrazione e con il carattere di Valeria. Ho apprezzato il romanzo al punto che mi è dispiaciuto salutare il personaggio di Valeria.
Vi consiglio il quaderno perché…
Alba De Céspedes ci racconta la storia di una donna che per tutta la vita si è dedicata al marito e ai figli ma che a un certo punto decide di sfogarsi iniziando a scrivere un diario: dalla scrittura emergono dei sentimenti che Valeria stessa non è in grado di pronunciare ad alta voce e che la mettono profondamente in crisi. I suoi pensieri sono in contrasto con le aspettative che la società del tempo ha per una donna della sua età.
Autrice che è riuscita nel suo intento
Il fatto che questo testo racconti una famiglia degli anni ‘50 e sia ancora così tanto attuale fa riflettere su quanta strada dobbiamo ancora fare per combattere determinati stereotipi di genere che ci vengono imposti da secoli di patriarcato interiorizzato. De Céspedes è riuscita, con un testo dalla scrittura semplice, a scoperchiare un vaso di Pandora dove sono racchiusi tanti temi cari al femminismo contemporaneo.
Bellissimo recensione! Veramente un bel approfondimento! È vero sono racchiuse tante tematiche e come dice Nadia Terranova in “Giornaliste” la scrittura diventa un atto trasgressivo perché lì Valeria scopre se stessa e può dire ciò che ad alta voce gli è “proibito” dalla società patriarcale. Può confessare di essere stanca, comincia ad accorgersi di tanti comportamenti che confermano la poca considerazione che gli altri hanno di quello che fa o che danno per scontato, scopre di avere desideri…mi ha molto ricordato purtroppo mia madre, a dimostrazione della attualità del libro. Bellissimo!
Grazie Chiara
Condivido la recensione in ogni singola parola, soprattutto: “sentimenti che Valeria stessa non è in grado di pronunciare ad alta voce e che la mettono profondamente in crisi” é da questa incapacità che
secondo me, parte tutto…
Grazie Flavia
Bellissima recensione, concordo in moltissime cose con te ma soprattutto, ho amato il testo perché mi ha coinvolto sin dalle prime pagine.
Inoltre, le molteplici tematiche presenti rende il libro degno di nota.
È proprio così. Grazie cara!