Teresa Ciabatti è una scrittrice unica nel suo genere: nella compagine della narrativa italiana, trovo che sia una delle autrici contemporanee più ispirate e talentuose che ci siano. Conoscevo Ciabatti di fama, leggevo i suoi articoli su 7 Corriere e su La Lettura per via della rassegna della domenica che porto avanti all’interno di @eccoilibri e mi ricordo che in quegli articoli emergeva sempre la grande umanità di questa scrittrice/giornalista. Di quelle interviste e recensioni ricordo la gentilezza e l’intelligenza nel porre le domande.
In realtà, credo di aver conosciuto veramente Ciabatti dopo aver letto qualche suo libro e, da quel momento, mi si è aperto un mondo: mi sono resa conto di sentirmi arricchita da una scrittrice che riesce a esprimere qualcosa che ho provato anche io ma che mai avrei saputo mettere nero su bianco o confessare, neanche a me stessa.
Teresa Ciabatti è una delle poche autrici italiane che riesce a mettere a nudo certe emozioni e sentimenti che i più sensibili sperimentano durante l’infanzia e l’adolescenza; quel senso di umiliazione misto a insicurezza che Ciabatti trasforma in letteratura.
Finalista al Premio Strega con “La più amata”
È l’autrice italiana più chiacchierata del momento: data per vincitrice assoluta al Premio Strega di quest’anno con il suo “Sembrava bellezza”, non è arrivata neanche tra i finalisti, con grande disappunto di chi scrive. Di quella diretta streaming dell’annuncio dei libri finalisti a Benevento, andata in onda su RaiPlay, tra il segnale che non arrivava e un significativo ritardo tra suono e immagine, (neanche fossero in diretta da Beirut), quello che mi è rimasto impresso è il discorso che ha fatto Ciabatti.
Davanti alle domande di Marzullo, Ciabatti si è definita un’anomalia. Si è detta consapevole di scrivere titoli che spesso non incontrano il grande pubblico, di aver creato una voce che a molti sembra fastidiosa e ha deciso di non mutarla, sebbene sappia a priori che non incontrerà il gusto di tanti lettori.
Un’anomalia
Ciabatti si definisce un’anomalia per quanto possa esserlo una scrittrice che viene pubblicata dal più grande gruppo editoriale italiano e dalle maggiori riviste culturali del Paese, una donna che è arrivata due volte a un passo dal premio Strega, (la prima volta con “La più amata” nel 2017, col quale arrivò seconda, edizione vinta da Cognetti con “Le otto montagne”).
Ciabatti è un’anomalia se si analizza il modo in cui viene percepita: è vero che la sua voce non viene capita e questo suscita un nervosismo generale in quellə che la leggono e che non l’apprezzano. Io stessa ho ricevuto dei commenti poco edificanti quando ho mostrato di aver letto i suoi ultimi libri: frotte di utenti che mi hanno attaccata dicendomi che non era possibile che mi piacesse Ciabatti, che ho letto anche capolavori, come faceva a piacermi questa autrice sconclusionata?
Teresa Ciabatti non è un’autrice sconclusionata, forse le sue narrazioni possono sembrarlo ma a un’attenta analisi si comprende come i suoi romanzi siano costruiti fin nel minimo dettaglio, in maniera minuziosa: i punti di vista sono studiatamente leziosi e immaginifici, rimandano quasi sempre all’infanzia, a quella regione del pensiero che ci riporta a momenti della vita che abbiamo rimosso, che ci siamo toltə dalla mente perché troppo dolorosi per affrontarli.
Sembrava Bellezza
Se “La più amata” è il racconto di un’infanzia disturbata e la sua dispercezione, “Sembrava bellezza” racconta l’adolescenza dal punto di vista di una donna cinquantenne che l’adolescenza l’ha passata da un po’, eppure si vede come la protagonista/voce narrante sia ancora estremamente legata a quel periodo della vita, e se ci pensiamo, moltə di noi possono rispecchiarsi facilmente in questo sentimento.
Teresa, la protagonista, si immagina ancora adolescente, vuole sentirsi bramata dagli uomini, vuole che la guardino con desiderio, come tuttə abbiamo sperato di essere, soprattutto da adolescenti e nella prima età adulta. La protagonista di “Sembrava bellezza” si rende conto di quei comportamenti che esamina retrospettivamente dando loro un significato diverso rispetto a quello che avrebbe dato a sedici anni e mostra questi ragionamenti scorretti a chi legge.
La voce dei due romanzi è la stessa: irritante, a tratti autocommiserativa ma soprattutto sardonica e ammaliante, che guida chi legge attraverso le pagine e i sentimenti. L’ossessione è quella di essere amata, a tutti i costi. Una narratrice inattendibile, cattiva ma sincera dà la parola a quei sentimenti che confessiamo solo a noi stessə; è l’espressione di un personaggio mediocre. Nei romanzi siamo abituatə a riconoscere l’eroe, il coraggioso, la donna in carriera che sa far tutto ma in quantə hanno dato voce ai mediocri, a chi pensa segretamente agli altri con invidia? Solo lei.
Matrigna e Le Nuove Eroidi
In “Matrigna”, (2018) la voce che abbiamo imparato a conoscere diventa più flebile ma al contempo riconoscibilissima, storia diversa dal precedente romanzo con un finale un po’ confuso. Nel racconto di Medea de “Le nuove eroidi” ritroviamo Ciabatti in tutto il suo splendore. Una rivisitazione del mito in chiave contemporanea, l’uccisione dei figli da parte di Medea sotto una luce originale e attualissima.
Se volete cominciare ad approcciarvi a Teresa Ciabatti vi consiglio di iniziare dalla raccolta di racconti “Le nuove eroidi”, e con “La più amata”, per poi proseguire con “Sembrava bellezza” che ne è la continuazione ideale, in cui la narratrice cresce e diventa adulta.
Se mi chiedete come mai mi piaccia la scrittura di Teresa Ciabatti, vi risponderò dicendo che la apprezzo tanto perché riesce a emozionarmi e suscitare dei ricordi che neanche io sapevo più di avere; sofferenze rimosse e che ritornano a galla attraverso i suoi romanzi. Ciabatti è un dono.
* Il titolo è un riferimento a uno dei titoli di Joyce Carol Oates, autrice molto amata da Ciabatti e alla contestatissima copertina del tascabile de “La più amata”.